Fiat 682: con una storia da record che arrivò fino al cinema

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Fiat 682: con una storia da record che arrivò fino al cinema

Affidabilità e robustezza, dopo quasi settant’anni sono ancora oggi due qualità profondamente legate al Fiat 682, che nel tempo è diventato uno fra gli autocarri italiani più apprezzati al mondo. Una fama così grande da arrivare presto oltre confine, tanto da essere designato come il «Re d’Africa». Scopriamo la storia di questo storico mezzo della Fiat Veicoli Industriali e alcune curiosità su questo magnifico camion.

Fiat 682: il torinese che conquistò anche l’Africa

Con le nuove prescrizioni sulle portata massima consentita agli autocarri in Italia, introdotte nella seconda metà del Novecento, la casa torinese dovette mettersi al lavoro per studiare un nuovo modello, rispondente a esse. Per questo, i tecnici Fiat progettarono un mezzo che, in breve, sarebbe diventato uno dei più celebri della casa costruttrice: il Fiat 682. Anche conosciuto come Fiat 82, è passato alla storia come uno dei camion più affidabili e robusti mai costruiti dalla Fiat, resistendo al tempo e all’usura dei chilometri, e trasmettendo sicurezza a chi lo sceglieva, conquistando così l’Europa, l’Africa e persino il cinema, come vedremo.

Una storia da record: il Fiat 682

Nel 1952 in Italia, in seguito alla Convenzione di Ginevra del 1949 sulla circolazione stradale, venne introdotto un nuovo Codice della Strada, con nuove prescrizioni sulla portata degli autocarri. Per questo, Fiat decise di sostituire il 680, ormai divenuto obsoleto, con un nuovo mezzo che potesse rispondere alle esigenze del trasporto merci che caratterizzarono il dopoguerra e la ricostruzione.

Nacque così il nuovo modello Fiat 682 N, che conquistò il primato per la permanenza nelle linee di produzione, nonostante l’introduzione delle serie 683 nel 1966, del 684 nel 1971 e del 160 nel 1976: 36 anni ininterrotti, dal 1952 al 1988. Ottenendo una reputazione impareggiabile per robustezza, affidabilità e un’incredibile adattabilità, il camionFiat 682 conquistò prima l’Europa e, poi, l’Africa, dove incredibilmente ancora oggi è possibile intravedere qualche esemplare, fabbricato localmente o importato direttamente dall’Italia. La fama del 682 fu tale da caratterizzare anche il settore culturale e, nello specifico, quello cinematografico. Nel 1975, infatti, questo mitico autocarro riuscì a sbarcare anche nel mondo del cinema. È lui il “protagonista” del film Il Bestione di Sergio Corbucci, che vede fra gli interpreti Giancarlo Giannini e Michel Constantin. Vediamo quali sono le sue caratteristiche, che l’hanno reso così importante per il mondo dei trasporti di quegli anni.

Le caratteristiche tecniche del Fiat 682 

Il primo modello del Fiat 682 fu prodotto dalla casa torinese nel 1952, con un motore a sei cilindri, da 10,17 litri di cilindrata e 122 mm di alesaggio dei pistoni, simile dunque al Fiat 680. L’unica versione prodotta era un autocarro 4×2 (quattro ruote di cui due motrici), con passo di 3,8 metri e una portata 14 t, per rispondere alle nuove prescrizioni sulla portata degli autocarri introdotte dal Codice della Strada italiano.

Il debutto del Fiat 682 N, però, non fu felice. Inizialmente, infatti, il nuovo mezzo pesante della casa torinese portava con sé diversi difetti sia rispetto al modello 680 N, il predecessore con una maggiore affidabilità e potenza, sia rispetto alla concorrenza. Essi, essenzialmente, erano collegati alla fragilità del propulsore, dovuta dalla testata a soli due valvole per cilindro e dalle bronzine. Per risolvere questi problemi, i primi cambiamenti giunsero nel 1953, quando il motore 122 venne sostituito dal 125, che, come richiesto dagli autotrasportatori, lo rese decisamente più affidabile e resistente del predecessore.

Un anno più tardi, nel 1954, Fiat Veicoli Industriali decise di applicare nuove migliorie al mezzo, presentando così il nuovo camion Fiat 682 N2.Come i suoi predecessori anche questo modellonon aveva in dotazione il servosterzo, ma fu il primo della serie a essere equipaggiato con il nuovo motore Fiat 203, che sostituì il 125. Le caratteristiche del Fiat 203 erano considerate da record per il periodo storico: sei cilindri in linea con distribuzione a valvole in testa e iniezione diretta di 10.676 cm³, 140 CV a 1.900 giri/min e una massa a pieno carico di 14 t.

Fu proprio il nuovo propulsore a rendere il Fiat 682 N2 celebre anche oltre i confini italiani, grazie alla sua affidabilità, robustezza e resistenza. Ma le modifiche non terminarono qui. Il nuovo modello, spazioso nonostante il tunnel motore e dotato di ampie vetrate sui lati, portò al successo anche la celebre cabina arrotondata definita «a baffo»: una nuova e avanzata cabina targata Fiat, caratterizzata dalla barra trasversale cromata introdotta per alleggerire otticamente la griglia frontale e che divenne in breve l’emblema dei camion Fiat dal 1955 al 1975.

L’ultima versione, il Fiat 682 N4, debuttò nel 1967 con un motore ulteriormente potenziato: caratterizzato da una cilindrata di 11.548 cm³, era in grado di sviluppare una potenza massima di 178 CV e una coppia massima a 900 giri/min, come il 682 N3. Altre novità, poi, riguardarono gli organi di trasmissione, che furono irrobustiti per un migliore supporto della potenza e la mascherina anteriore a maglie quadrate.

Accanto alle serie del Fiat 682 N, furono prodotte anche quelle contrassegnate dalla lettera T, per indicare i modelli destinati al traino di semirimorchi. Nel 1960, inoltre, la casa torinese introdusse anche i modelli 682 N2 S e 682 T2 S, con motore sovralimentato con turbocompressore. Nonostante questi modelli fossero caratterizzati da un potenza più elevata, che raggiunse i 180 CV, i ricorrenti problemi di surriscaldamento dovuti alla mancanza dello scambiatore di calore ne compromisero la sua affidabilità.

L’incredibile storia del Fiat 682 si concluse nel 1988 con la produzione e l’uscita dalle catene di montaggio dell’ultimo esemplare. La sua fama però non si è esaurita ed è, ancora oggi, in grado di far brillare gli occhi degli appassionati del settore che hanno la fortuna di intravedere ancora qualche esemplare in giro per l’Italia o all’estero.