Domenico De Rosa ai microfoni del talk di ALIS per parlare del PNRR

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Domenico De Rosa ai microfoni del talk di ALIS per parlare del PNRR

Nell’ambito dei talk di ALIS, l’Amministratore delegato del Gruppo SMET, Domenico De Rosa, è intervenuto per portare il proprio contributo insieme con il Direttore generale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Francesco Tufarelli, dell’ex sottosegretario Salvatore Margiotta e con la docente dell’Università Roma Tre, Francesca Faggioni, per un interessante confronto sui trasporti.

Non tutti sono ottimisti, dottor De Rosa: è giustificato essere un po’ San Tommaso sull’utilizzo dei soldi?

«Noi partiamo, comunque, da uno storico non favorevole. Sicuramente la dazione del Recovery è una dazione importante, ma non importantissima per quello che noi abbiamo patito con l’ondata pandemica del 2020. Come sistema paese, 200 miliardi non cambiano lo stato del paese rispetto a dov’era prima, a febbraio 2020, con una recessione spinta. Il secondo aspetto: credo vada sottolineato che molta parte di questi soldi sono soldi a debito. Per cui un errore nella gestione di questi soldi porterà le imprese e in generale la generazione che seguirà a colmare un altro gap che diventerebbe insormontabile: stiamo giocando il futuro dell’Italia».

Quindi, o sono fondi in grado di innescare economie positive o alla fine rischiano di essere solo un debito ulteriore.

«Devono necessariamente essere una leva: attorno al contributo della riforma e allo sprint economico che questi soldi devono mettere, ci devono essere fondi privati. Un euro speso dallo Stato devono convogliare almeno due o tre euro privati affinché questa economia possa tornare a brillare».

Lei crede che questo avverrà?

«Devo crederlo, diamo il contributo perché questo avvenga. Diversamente, senza la speranza che questo possa avvenire, ci dovremo fermare tutti».

Le imprese del Mezzogiorno sono state sostenute abbasta oppure i sostegni dati alle imprese del Mezzogiorno sono stati inferiori a quelle del nord?

«Il Mezzogiorno non vuole essere trainato. Il Mezzogiorno ha una grandissima capacità di poter sostenere il paese. Se non si investe dal Mezzogiorno, l’Italia intera non può emergere soprattutto in momenti come questi di ripartenza».

In questa fase di transizione, le imprese hanno dei costi in un momento complesso. Come potete assolvere da soli questi problemi? C’è bisogno di uno Stato che aiuti l’impresa, affinché il volano si metta in azione?

«Il tema della transizione energetica è un tema priorità delle agende mondiali. Quello che dicono le imprese a gran voce è che non può essere affrontato con l’ideologia e non può essere affrontato in maniera scevra dai contesti industriali e sociali dei paesi. L’Italia nel pacchetto delle riduzioni del 2030 e del 2050 sono in certi casi delle trasformazioni che porterebbero a morire delle intere filieri industriali. Per cui se c’è quello non c’è l’industria, non c’è l’economia e l’economia si fa attraverso le imprese. Nel trasporto, specialmente in casa ALIS, vorremmo che la politica interpretasse delle misure, non solo di medio e di lungo termine come la decarbonizzazione, ma che si potesse effettivamente sostenere anche politiche industriali e del trasporto, come lo shift bonus attraverso l’incentivo Marebonus e Ferrobonus che, invece, vediamo penalizzato quest’anno e nel futuro. Abbiamo chiesto come ALIS che fossero implementati dei fondi, per dare effettivamente lo stimolo alla riduzione delle emissioni, perché non si ottengono le riduzioni in atmosfera solo passando dai motori endotermici a quelli elettrici – e anche qui la questione ancora non è tecnicamente pacificata – mentre abbiamo certificato che lo shift modale dei trasporti è sicuramente impattante, non solo per le emissioni di CO2, ma anche per le infrastrutture che nel nostro paese sono enormemente fragili».